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"Ad ogni ora" di Silvia Marzano (Genesi Editrice 2019)

Ho scelto oggi, per le nostre Letture condivise, testi che ci accompagnino nel mese estivo di luglio con naturalità e semplice bellezza perché ne sento, io per prima, la necessità. Ho sete di poesia come stato di grazia, di leggerezza, che ci faccia respirare a pieni polmoni, che ci serva da antidoto ai mesi pesanti che abbiamo trascorso per il Covid 19, alle ansie per l’incertezza di un futuro sospeso, nella prospettiva di una convivenza con una malattia ancora subdola e tuttora serpeggiante, piuttosto misteriosa  alle conoscenze medico-scientifiche. L’incognita dei prossimi mesi autunnali mina infatti la serenità di ogni progettazione a lungo e medio termine.

La poesia di Silvia Marzano corrisponde pienamente a queste aspettative di nitore formale, di gentilezza, di stupore ingenuo dell’essere vivente di fronte al creato, che è in grado di incantare e di consolare nonostante le vicissitudini del vivere.


Rossi papaveri

Rossi papaveri

sul bordo della strada,

sprazzi di bellezza

dono di un giardiniere

segreto

sorridono al mondo

e forse, umilmente,

lo salvano.


La strada verso Monfol

Orme di teneri ungulati

come petali di fiori

- i fiori di Andy Warhol ‑

e tracce di passi umani

si mescolano, si confondono

sulla strada appena innevata

verso Monfol.

Bianco e silenzio

circonda

e un debole sole

disegna l'ombra dei pini.

Una sola natura è tutto

e noi siamo spirito e amore

e occhi che contemplano.


Non eri tu

Non eri tu che amavo

ma un sogno.

Tu eri l'ombra di quel sogno,

l'apparenza

e per me eri tutto.

Ora soltanto so

della mia vita perduta

e delle stelle

che guardavo senza capire

che mai il cielo

avrebbe brillato

per me

e di te non sarebbe rimasto

che un sogno

scomparso come una stella

in un buco nero.


E nell'altra mano il dubbio

se sia davvero così.


Un petalo di sole

Un petalo di sole,

uno squarcio di luce

filtrava un mattino

d'estate.

Era un petalo

di sole

splendente sotto un mazzo

di rose.


Silvia Marzano ha un duplice aspetto nella sua vita di intellettuale e di artista. La sua poesia, così limpida, netta, comprensibile a tutti, è espressione di una pulizia interiore, di un’ingenuità “fanciullina” pascoliana, propria di chi guarda alla vita con immediatezza e con una speranza immanente al corso ultimo delle cose, nonostante le circostanze non sempre favorevoli del vivere. Se, come dice il suo maestro di Estetica, Pareyson, “l’opera è la persona dell’artista fattasi oggetto materiale, fisico, esistente”, devo dire che Silvia è proprio una grande allieva di cotale maestro: ne ha messo in pratica con la poesia la lezione teorica in limpidezza sintetica ed essenziale linearità.

L’altra sua faccia, senz’altro la più conosciuta, è di grande serietà di pensiero e di formazione. Filosofa, allieva di Pareyson - come ho appena detto - è stata docente di Ermeneutica presso la facoltà di Filosofia dell’Università di Torino, autrice di ponderose, importanti opere di pensiero, in particolare su Jaspers e Derrida. La profondità dell’introspezione filosofica, tuttavia, si apre in lei ad una scrittura “altra”: in poesia si rivelano emozioni, sentimenti, segreti suoni della parola, simboli che rimandano ad altro, colpiscono nella loro prospettiva polisemica, pur mantenendo un’ingenuità infantile, una chiarezza di significato primo, inequivocabile, davvero coinvolgente.

L’autrice stessa, da pensatrice e filosofa, meglio di chiunque altro nell’introduzione al volume riesce a donarci il senso del suo fare poesia: “le mie poesie sono affezioni dell’anima, brevi epifanie, un attimo che attraversa il tempo, silenzi, sogni, ricordi, piccoli idilli sulla bellezza della natura. Sono per me una sonanza, l’ascolto di un Dire che, riflesso da un’emozione, si fa ritmo. Una traccia, una parola evanescente che rinvia a un altrove”.


Una stella alpina*

Una stella alpina

composta con arte,

dietro il vetro di una foto,

una foto felice del mio papà,

mi ricorda un dono,

un (per)dono, l'anima vera

di un maestro.


* La stella alpina era conservata fra le pagine del libro Carlo Jaspers, imprestato dal Professor Luigi Parey­son all'allora laureanda S.M., che era stata allieva an­che di sua moglie. Per un impulso improvviso, in­consueto e irriflessivo, S.M. la prese e la collocò dietro la foto che ritraeva in montagna il padre, di cui era orfana fin da molto piccola. Il Professore, cupo e mol­to sorpreso chiese spiegazioni. Avutele, lasciò con bre­vi parole la stella alpina e passò ad altro argomento.


Una piccola volpe

Una piccola volpe

gentile

entrò nel giardino

di montagna.

Forse era sola, era affamata

e fu grazia e pena

solidale.


La traccia

Ora che siamo

carichi d'anni

tu ed io

ci ricordiamo ancora

di quel che non è stato

e avrebbe potuto essere

o forse no,

non avrebbe potuto

ed è meglio cosi

perché è rimasto intatto

l'incanto

inciso nella memoria.

Resta la traccia

dell'impossibile

che non è avvenuto.

Ma la traccia è tutto,

mentre si scolora il tempo

e avvampa ancora il viso.


Poesia semplice ed emozionante, senza progetto di una precisa poetica, ma con un “farsi” di versi e parole dettate dalle profonde risonanze dell’anima, che fissano sulla carta spazi, pause, ritmi musicali, silenzi bianchi. Restano gli struggimenti del cuore, il ritorno ciclico delle stagioni nel trapassare degli anni e degli umani percorsi. Restano percepibili questi versi sul foglio, semplici, brevi, ma di intensa significazione. Dice l’autrice: “sono luci ermeneutiche del divino silenzio”. Parole di Dionigi l’Areopagita, uno dei mistici a lei più cari.

Alla semplicità espressiva dei testi poetici è sotteso un substrato di pensiero di grande organicità e coerenza che fluisce nei versi senza supponenza e ce li rende intimamente “nostri”.


Prossimo appuntamento a metà settembre.

A chi legge l’augurio di un’estate di gioia e di poesia!


Marvi del Pozzo




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