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Taccuino della madre di Sonia Caporossi



Introduzione di Cinzia Marulli a Taccuino della madre di Sonia Caporossi

 

Collezione di quaderni di poesia “Le gemme” n. 26  anno 2021 (Ed. Progetto Cultura)  

 

ISBN 978 88 3356 279 7

La “parola nuda” di Sonia Caporossi

Taccuino della madre è la storia di una vita, è un percorso intenso e doloroso di una donna che ci appare sconfitta. Una madre umanissima come ormai è diventato d’uso scriverne in poesia e in letteratura, tuttavia, non più la figura stereotipata di una madre immaginifica e immaginata nel suo ruolo, ma una donna con le sue contraddizioni, i suoi pensieri, le sue illusioni. La penna che compila il taccuino è quella della figlia poeta che inevitabilmente, nel parlare della madre, parla anche di sé evidenziando quel rapporto madre-figlia che determina, in buona parte, il modo di affrontare la vita da adulti e soprattutto la considerazione di sé stessi. 

Siamo davanti a una dimensione di assoluta sincerità dove lo scandaglio del pensiero scava ogni recondito ricordo riportando alla superficie una verità del sentire spesso dolorosa, ma anche catartica perché qui è presente non solo il percorso della narrazione, ma anche l’analisi cruda di ciò che è stato; è presente il sentimento di una rassegnata accettazione del limite umano che, quando appartiene alla propria madre, può divenire ferita, ma può anche trovare la sua rimarginatura. 

La poesia di Sonia Caporossi, in questo Taccuino della madre, raggiunge una vetta altissima: siamo di fronte a una “parola nuda”, diversa dalla poesia già precedentemente pubblicata dalla poetessa. Qui si adatta il significante al significato e ci si esprime con un verso e uno stile adeguato alla tematica espressa; il lessico diviene più fluido, si abbandonano i segni grafici, la punteggiatura straniante: la “parola” è assoluta. 

Sonia Caporossi riesce a farci penetrare nel suo sentire, ci accompagna a conoscere la madre fronteggiare il vento o perdersi nei pensieri / attraverso la traslucida presenza / del vetro trapassato di rubino e ci fa sentire la mancanza delle carezze (…desideravo alle mie spalle soltanto le carezze / che priva d’interesse mia madre non mi dava). Forte è il senso della solitudine: sono presenti due donne sole, la madre a la figlia così come è ben messo in evidenza nella poesia passeggiata sulla spiaggia: la vedo allontanarsi/ e come quel gabbiano, io la chiamo/ e urlo, e mi dispero/ finché una nebbia non nasconde quel volo/ e ognuno è con sé stesso, quasi vuoto/ e ognuno è con sé stesso, solo. Ma c’è anche tanta sofferente tenerezza, come nel ricordo del primo bagno dopo la malattia dove la vasca da bagno diviene una culla amniotica / che porta da un’area della mente / di quieta fluidità / fin nella più remota subdola / zona del dolore.

Eppure, forse è nel momento della morte che ci si ritrova, che il legame diviene ancora più stretto superando le differenze della materia, le convenzioni di questo mondo. Il pensiero stesso vive in una dimensione ulteriore, non riguarda il ragionare terreno; quando il corpo sta per cedere ogni cosa si eleva e assume un significato diverso e così avviene il miracolo della congiuntura, di quell’unione tanto cercata per tutta la vita. Forse è solo un attimo, forse è solo un’illusione. La figlia grida “mia madre sta morendo da sola insieme a me” e due solitudini diventano un insieme, un abbraccio già ultraterreno.

Questo libro ci mostra che cosa rappresenta il legame con una madre, la sua assoluta importanza nella vita, come questo rapporto sia determinante per lo sviluppo interiore anche se poi ognuno di noi reagisce ed elabora in modo differente la propria esperienza. C’è chi perdona, chi si limita ad amare, chi è imprigionato nel rancore. Sonia Caporossi ci dimostra che questo dolore, se c’è, va vissuto fino in fondo, fino al perdono della madre e, quindi, di noi stessi.

 

Cinzia Marulli

la fine

 

ed è come quest’acqua

putrefatta

che sorge intatta dalla terra

in cui posi la lontana speranza

per un giorno sincero

nella cui idea

immobile

raggrumata di lacrime stanche

io vidi un giorno mia madre

fronteggiare il vento

specchiata dal fondo del mare

fin nel cielo

ed ebbe fame di sé

ma si impose

la fine

 

 

identità

 

progressione lancinante

dell’assenza di serotonina

s’accavalla

a miasmi incontrollabili

d’esalazioni alcoliche

 

e poi

ancora

il vuoto

l’atrocità rossa                  

fragranza intatta

nel mistero affranto

del suo stile di vita

 

mentre

su di lei

l’attrazione sensibile del male

per l’incidente del martirio

di un matrimonio stanco

di una vita non sua

borbotta il suo segreto

                             

tra le trasparenze

quel suo nudo travaglio 

partorisce illusioni e frequenze

che dall’ipofisi la conducono

inevitabilmente

al pensiero della futura morte

 

 

la fraschetta

 

ricorda, anni addietro

come guardando

attraverso il vetro

di un bicchiere 

di vino rosso aceto

per mille momenti trascorsi

ad ascoltare

lo stillare del succo nel suo esofago

sfinito

 

vuole vedersi ancora

com’era

tiepidamente distesa alle soglie

della lucida veggenza

occhi appannati dalle ore

nessun rumore

tra i padiglioni ovattati 

delle caverne auricolari

 

mentre ora

gelo, gelo di maggio

attraverso il vestito di cotone

e sotto più niente

solo il freddo dell’aprile 

trascorso a parlottare

coi suoi pensieri

 

sotterranee 

reclusioni istintive

verso l’interno del locale

nessun ricordo brucia

nessun suono sente

tranne lo stillare del rosso sulla camicia

che le rovescia addosso

il suo odore di fibra accesa

e prurito lungo i gomiti

nell’offertorio estraneo

del boccale

 

la vedevo perdersi nei pensieri

attraverso la traslucida presenza

del vetro trapassato di rubino

 

seduta lungo pannelli di legno

che circondano questo tavolo, alla fine

un altro bicchiere di vino

in cui specchia le viscere

del sentimento

e della maniera

 

ed erano quelle, come scordare?

le buone ore, di sempre

e come allora, torno a chiamare

quel suo stupore

apparente

 

 

Sonia Caporossi (Tivoli, 1973) è musicista, poetessa, prosatrice, critica letteraria e saggista. Ha pubblicato numerosi libri. Tra gli ultimi ricordiamo il saggio critico Le nostre (de)posizioni. Pesi e contrappesi nella poesia contemporanea emiliano-romagnola, con E. Campi, Bonanno, Acireale 2020; la curatela su G. Leopardi, L’infinita solitudine. Antologia ragionata delle poesie, Marco Saya 2020; la silloge poetica Taccuino dell’urlo, Marco Saya 2020, finalista al Premio Montano 2020. Dirige per Marco Saya Edizioni la collana di classici italiani e stranieri La Costante Di Fidia. Collabora con Poesia Del Nostro Tempo, Versante Ripido, Bibbia d’Asfalto. Dirige inoltre Critica Impura, Poesia Ultracontemporanea, disartrofonie e conduce su NorthStar WebRadio la trasmissione Moonstone: suoni e rumori del vecchio e del nuovo millennio. Vive e lavora nei pressi di Roma.

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