Fotografia e poesia: riflessioni sul corso “immagine e parola” tenuto all’IIS Peano di Torino
foto di Arno Rafael Minkkinen
Riflettere a posteriori su un corso sperimentale come è stato quello svolto nel mese di febbraio in tre incontri all’I.I.S. Peano di Torino con una classe seconda a indirizzo informatico, non vuole essere il resoconto scientifico del materiale prodotto dai singoli alunni, né essere la registrazione diaristica degli argomenti trattati: vuole essere piuttosto un momento per fare luce su un aspetto cui con difficoltà viene data attenzione e spazio di espressione, che è la sensibilità individuale di ognuno e la capacità istintiva di esprimerla in due mezzi distanti e distinti come possono essere la poesia e la fotografia.
Su questo, infatti, si è basato il breve corso: trovare i punti di contatto tra i due linguaggi, trovando differenze e similitudini, limiti e possibilità nella struttura del mezzo fotografico e della scrittura poetica per esprimere se stessi e il mondo e se stessi nel mondo.
Il focus, in particolare, è stato posto sullo strumento espressivo della figura retorica, specialmente le più note (similitudine, metafora, analogia, sineddoche), sottolineando quanto anche le immagini di molti fotografi siano strutturate sull’uso (visivo) di questo fondamentale strumento poetico.
Per esempio, l’accostamento dell’immagine del Nautilo di Edward Weston e di una fotografia di nudo femminile dello stesso autore, poggia sull’effettivo richiamo nelle linee e nelle forme dei due soggetti. Così da poter ricavare, quasi traducendo in versi quello che le immagini mostrano, esempi di questo tipo: “Un corpo di donna è come una conchiglia” (similitudine); “Un corpo di donna è una conchiglia” (metafora); “Accovacciata in un angolo ho trovato una conchiglia” (analogia). Allo stesso modo, il corpo fotografato negli autoritratti del fotografo contemporaneo finlandese Arno Rafael Minkkinen che imita e si trasforma in elemento naturale (le gambe in tronchi, la schiena in roccia) fa sì che in un’unica immagine sia rintracciabile una correlazione tra campi semantici differenti, quello anatomico e quello naturale, creando numerose possibili relazioni anche linguistiche, e dunque poetiche.
Durante lo svolgimento degli incontri sono state assegnate alcune esercitazioni da eseguire in classe alla fine dell’ora o in autonomia fuori da scuola, con lo scopo di far cimentare anche i ragazzi nella realizzazione di immagini strutturate secondo l’uso dello strumento poetico delle figure retoriche, e a cui poi avrebbero associato dei propri versi scritti in forma di haiku o in forma libera.
L’aspetto che reputo più importante sollevare in questa sede, oltre alla buona partecipazione e puntualità nella consegna degli esercizi, e oltre al riconoscimento dei talenti individuali, è un’evidente dimestichezza con temi, e termini, e dunque concetti, che il mondo in cui vivono i ragazzi di questa generazione sta smettendo di fornire: parole come eterno, silente, anima, fanno parte di tutto quell’insieme di concetti che già da molti anni, ma negli ultimi con maggior insistenza, il sistema dei media e dei social (l’esperienza più lontana dal significato di “eterno”) ha provato a impoverire, se non a eliminare.
Si può dire, allora, che stia comunque sopravvivendo una spinta spontanea, in alcuni ragazzi, di riprendere possesso, o tenere ancora vivi dentro di sé - vera e propria istintiva forma di resistenza - quei termini che la loro società sta pian piano inesorabilmente abolendo.
Oltre, quindi, a considerare un grandissimo potenziale la voglia e la disponibilità di molti ragazzi di svelarsi ed esprimersi con le immagini e coi versi, è utile considerare con attenzione il mondo linguistico di ognuno, vedere cosa stanno autonomamente provando a salvare per poter continuare a far vivere il proprio mondo personale.
Il linguaggio, d’altronde, è lo specchio della percezione della nostra dimensione interiore, e dunque del pensiero; pertanto è necessario tanto arricchire il bagaglio linguistico dei ragazzi, quanto scoprirlo, per poter vedere da vicino in quale spazio il loro pensiero e le loro identità normalmente si muovono e si articolano.
Poesia e fotografia: riprendendo le parole del docente di Italiano in apertura di uno degli incontri, “il mondo di oggi è solito mettere in conflitto la realtà delle immagini con quella della parola, dando sempre più peso alle prime che non alla seconda, senza provare a creare un ponte solido tra di loro.” In questo percorso si è provato a gettare le basi di questo ponte, provando a far costruire il resto direttamente ai ragazzi, scoprendo anche l’audacia di descrivere in immagini e a parole il proprio sentire.
Entrando nel vivo del percorso svolto con la classe, sono emersi molti spunti di notevole interesse per provare a comprendere come la mente dei ragazzi associ, o dissoci, la fotografia dalla poesia. In particolare, analizzando la poesia “Terza lettera ad Antigone” di Cristina Alziati (e di cui abbiamo già parlato su Parola Poesia), la domanda si è posta spontanea. La poesia - in cui viene raccontato il drammatico ritrovamento del corpo inerme di un bambino su una spiaggia del litorale flegreo - infatti, inizia così: “Non ti mando la foto, ti descrivo.” Queste, allora, le domande che sono sorte: la fotografia ha dei limiti che possono essere superati dalla poesia? Fin dove può arrivare la fotografia, e dove la poesia? E perché scegliere un mezzo piuttosto che l’altro?
Il risultato del partecipato dibattito su questo argomento ha fornito numerosi spunti, di cui di seguito riporto una delle risposte più notevoli:
“La poesia può superare la fotografia nell'esprimere emozioni complesse e sfumate, catturando diverse emozioni e concetti astratti che potrebbero essere sfuggenti all'immagine visiva statica di una foto.”
O ancora, vi menzionato l’aspetto cruciale sollevato da più di un ragazzo: “Non fotograferei mai un morto.” Come a sottolineare che solo la parola (poetica) può avvicinarsi con la dovuta cautela e delicatezza al tema della morte, e che, per contro, la fotografia possiede un aspetto troppo spudorato nel suo voler registrare senza “sfumature” quello che le accade di fronte.
Allo stesso tempo, si è notato come la fotografia possa dare un volto o una forma a qualcosa che a parole potrebbe rimanere più ambiguo, o astratto, permettendo di trovare nella realtà che ci circonda quegli elementi utili a raccontarsi.
Le immagini e le poesie che riportiamo in questa sede sono solo alcuni dei lavori fotografici e poetici realizzati dai ragazzi che, non tanto e non solo per la riuscita formale, ma per la direzione del loro sguardo e del loro pensiero rappresentano la diretta dimostrazione di quanto un ponte più consapevole possa essere creato, non solo tra poesia e fotografia, ma anche tra loro e il mondo che abitano.
Carola Allemandi
foglie nella mano,
attimo in eterno
freddo e buio
In questo bosco privo di vita
Vola un'anima pura
Candida quanto la neve
Mentre osservo questo
Paesaggio triste
Mi passano per la testa
I nostri momenti felici
Haiku
Mani segnate,
mele mature tra esse,
ombra conforta.
Il fotografo
riprende una vita,
un'illusione.
Sotto il palmo gentile,
la vita germoglia sottile.
Mano e pianta s'intrecciano,
corpo e natura si abbracciano.
Finestra chiusa,
voce del vento nulla,
mondo silente.
Rabbia repressa,
su di te viene espressa.
Lanci costanti
e tasti volanti.
Grazie del tuo servizio
ma ormai ho preso il vizio.
Ad ogni partita persa,
la tua luce è di nuovo sommersa.