Il passeggero del suo destino di Vicente Huidobro
Vicente Huidobro
Il passeggero del suo destino Ed. La vita felice 2021
a cura di Cinzia Marulli e Mario Meléndez
con il patrocinio della Fondazione Vicente Huidobro
Traduzione di Emilio Coco Selezione di Mario Meléndez
Introduzione di Hernán LavÃn Cerda
ISBN/EAN 9788893465434
Huidobro visto da Hernán LavÃn Cerda
Piccolo dio, antipoeta e mago capace di scoprire ‒ attraverso la vertigine del linguaggio; logos che possiede anche la sua carica viscerale e ludica ‒ l’infinita circolarità dell’abisso cosmico e terrestre: questo è stato, questo è Vicente Huidobro, il vertiginoso (Santiago del Cile, 1893-terme di Cartagena, 1948) che all’età di ventun anni ebbe la lucidità e il coraggio di dire: «La poesia deve essere una realtà in sé, non la copia di una realtà esteriore. Deve opporre la sua realtà interna alla realtà circostante».
Che cosa rappresenta Huidobro?
Nient’altro che l’edenico riscatto del verbo convertito in corpo sensibile. Scrittura concepita liberamente, allo stesso modo in cui la natura può concepire un albero. A partire da questa energia, è già tutto possibile. Le parole non saranno costrette a comportarsi servilmente; la poesia non è il regno del verificabile. Le parole, dentro la loro vertigine / vertice esercitano la loro libertà ; esse sono più vere quando godono di una maggiore pienezza. La realtà fittizia non ha l’obbligo di essere lo specchio passivo e parassitario della realtà reale. Il linguaggio, allora, può captare tutto. E captare il tutto è captare sé stesso. È necessario avanzare ‒ la ruota gira anche se l’asse rimane fermo ‒ creando infinite connessioni. Ciò è possibile solo se si dispone di una rete metaforica la cui potenza permetta di conquistare il territorio sostanziale della poesia. Qui la scrittura si disgrega, eccede, trema. La trappola del logos diventa inefficace di fronte all’impulso analogico dei sensi.
Vicente Huidobro è il ponte tra il terreno e il celeste. La sua poesia è fame d’infinito, lotta contro gli dei ‒ dolore per il loro abbandono ‒, orfanezza cosmica e desiderio di riconquistare il paradiso, la placenta lattea, per mezzo del linguaggio folgorante e liberissimo. L’antipoeta e mago riconosce nei dadaisti il primo seme o il ventaglio della creazione: ritmo delle parole in libertà , sviluppo, espansione verso il verso senza catene.
Nel 1916, il poeta viaggia a Parigi. Un anno dopo appare Nord Sud; Huidobro è tra i suoi collaboratori. «Il 1917 vede la comparsa della rivista Nord Sud ‒ scrive Braulio Arenas ‒, la prima delle pubblicazioni di poesia moderna, e pietra angolare per la storia del pensiero poetico contemporaneo… Quando sfogliamo i numeri di questa importante rivista, vediamo in essi i nomi dei poeti che hanno contribuito a fondare la poesia moderna: Guillaume Apollinaire, Max Jacob, Pierre Reverdy, Tristan Tzara, André Breton, tra gli altri e, insieme a questi, il nome per noi così emozionante di Vicente Huidobro».
Che il verso sia come una chiave
che apra mille porte
Perché queste mille porte si aprano è imprescindibile che il verso sia cinetico e disponga, al suo interno, di mille chiavi. Ecco la spinta verso la polisemia del linguaggio, il suo utilizzo, il suo riconoscimento. Ogni parola è molteplice. Alla maniera cubista, le parole sono animali in movimento perpetuo: sonore, ottiche, gustative, olfattive, tattili; esse si tendono lacci visibili e invisibili, stabiliscono connubi sotterranei, diaspore insolite e persino ricorrenti. Più sono le accezioni, più il volto verbale è potente. Facce e facce infinite nel gioco del verbo.
E già in potere delle parole, come conquistare quella quantità stregata che è la poesia?
Lo stesso Huidobro, nel suo libro Manifesti (1925), riassume così la sua posizione:
1. Umanizzare le cose. Tutto ciò che passa attraverso l’organismo del poeta deve prendere la più grande quantità del suo calore. Qui una cosa vasta, enorme come l’orizzonte, si umanizza, diventa intima, filiale con l’aggettivo quadrato. (Huidobro si riferisce al titolo del suo libro Orizzonte quadrato). L’infinito entra nel nido del nostro cuore.
2. Il vago diventa preciso. Chiudendo le finestre della nostra anima, ciò che poteva scappare e diventare gassoso, fibroso, rimane rinchiuso e si solidifica.
3. L’astratto diventa concreto e il concreto astratto. Cioè, l’equilibrio perfetto, dal momento che lei fa tendere l’astratto verso l’astratto, si disfarà tra le sue mani o filtrerà attraverso le sue dita. Il concreto se lei lo rende più concreto, forse potrà servirgli per bere il vino o per arredare il suo salone, ma mai per arredare la sua anima.
4. Ciò che è troppo poetico per essere creato si converte in una creazione col cambiare il suo valore usuale, giacché se l’orizzonte era poetico in sé, se l’orizzonte era poesia nella vita, con il qualificativo quadrato diventa poesia nell’arte. Da poesia morta passa a poesia viva.
Poesia come una visione: organismo sensibile, sempre e quando permette di vedere quello che prima non abbiamo mai visto. Un albero le cui radici, affondando nello spessore della terra, arrivano al cielo. Ecco allora il suo tremore, la sua confusione, il suo cataclisma. Vedere e palpare: questo è Vicente Huidobro. Emozione nata dalla sola virtù creatrice. Affermazione e dubbio. Che cosa c’è in queste poesie postume, in queste Ultime poesie? La presenza di un’ossessione ontologica. Affondamento nella terra per saltare nel cosmo e restituire, ombelicalmente, l’immagine del principio.
Arte poética
Que el verso sea como una llave
que abra mil puertas.Una hoja cae; algo pasa volando;cuanto miren los ojos, creado sea,y el alma del oyente quede temblando.Inventa mundos nuevos y cuida tu palabra;el adjetivo, cuando no da vida, mata.Estamos en el ciclo de los nervios.El músculo cuelga,como recuerdo, en los museos;mas no por eso tenemos menos fuerza;el vigor verdaderoreside en la cabeza.
¿Por qué cantáis la rosa, oh, poetas?¡Hacedla florecer en el poema!
Sólo para vosotrosviven todas las cosas bajo el sol.
El poeta es un pequeño Dios.
Arte poetica
Che il verso sia come una chiave
che apra mille porte.
Una foglia cade; qualcosa passa volando;
quel che guardino gli occhi, creato sia,
e l’anima di chi ascolta resti a tremare.
Inventa nuovi mondi e abbi cura della tua parola;
l’aggettivo, se non dà vita, uccide.
Siamo nel ciclo dei nervi.
Il muscolo pende,
come ricordo, nei musei;
ma non per questo abbiamo meno forza;
l’autentico vigore
risiede nella testa.
Perché cantate la rosa, oh poeti?
Fatela fiorire nella poesia!
Solo per voi
tutte le cose vivono sotto il sole.
Il poeta è un piccolo Dio.
Miradas y recuerdos
El mar que los suspiros de los viajeros agita
Corre tras de sus olas barridas por el viento
El infinito busca una gaviota
Para tener un punto de apoyo lógico y blando
Cómo haremos
El cielo se suena con las alas que ama
Mientras yo busco al pie de mi poema
Una estrella que cruje
Como la rueda de un coche que se lleva los últimos recuerdos
Nada será encontrado
El pozo de las cosas perdidas no se llena jamás
Jamás como la mirada y los ecos
Que se alejan sobre la bruma y sus animales inmensos
Sguardi e ricordi
Il mare che agita i sospiri dei viaggiatori
Corre dietro le sue onde spazzate dal vento
L’infinito cerca un gabbiano
Per avere un logico e morbido punto d’appoggio
Come faremo
Il cielo si suona con le ali che ama
Mentre io cerco in fondo alla mia poesia
Una stella che stride
Come la ruota di una macchina che si porta gli ultimi ricordi
Niente verrà trovato
Il pozzo delle cose perdute non si riempie mai
Mai come lo sguardo e gli echi
Che si allontanano sulla bruma e sui suoi animali immensi
Marino
Aquel pájaro que vuela por primera vez
Se aleja del nido mirando hacia atrás
Con el dedo en los labios
                    Os he llamado
Yo inventé juegos de agua
En la cima de los árboles
Te hice la más bella de las mujeres
Tan bella que enrojecÃas en las tardes
          La luna se aleja de nosotros
          Y arroja una corona sobre el polo
Hice correr rÃos
             que nunca han existido
De un grito elevé una montaña
Y en torno bailamos una nueva danza
      Corté todas las rosas
      De las nubes del Este
Y enseñé a cantar un pájaro de nieve
Marchemos sobre los meses desatados
Soy el viejo marino
         Que cose los horizontes cortados
Marinaio
Quell’uccello che vola per la prima volta
Si allontana dal nido guardando all’indietro
Col dito sulle labbra
                Vi ho chiamati
Ho inventato giochi d’acqua
Sulla cima degli alberi
Ti ho fatta la più bella fra le donne
Così bella che arrossivi nelle sere
La luna si allontana da noi
        E getta una corona sul polo
Ho fatto scorrere fiumi
                   che non sono mai esistiti
Con un grido ho innalzato una montagna
E intorno abbiamo ballato una nuova danza
       Ho reciso tutte le rose
       Delle nubi dell’est
E ho insegnato a cantare a un uccello di neve
Camminiamo sui mesi slegati
Sono il vecchio marinaio
           Che cuce gli orizzonti tagliati