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Pienezza dell’occhio di Blanca Varela




Blanca Varela

Pienezza dell’occhio - Ed. La vita felice 2021

a cura di Cinzia Marulli e Mario Meléndez

con il padrocinio della Fondazione Vicente Huidobro

Traduzione di Emilio Coco

Presentazione e selezione di Miguel Ángel Zapata


ISBN/EAN 9788893464413



La pienezza dell’occhio

di

Miguel Ángel Zapata


La poetica di Blanca Varela supera il luogo comune, optando per la “parola elusa”, quel silenzio scoperto sulla sua strada per Babele. L’enigma frena una falsa scoperta: non è il canto delle sirene ad offuscarla, ma il suo ostinato silenzio, quel necessario “sgozzato splendore”. Varela taglia il collo all’apparente prima luce della poesia superficiale, senza essere esageratamente oscura non crede più nella pienezza dell’occhio. Ecco i suoi fari: Paul Celan e César Vallejo. Da entrambi assimila il silenzio e la precisione, l’esigenza fondamentale di non dire tutto nella poesia, nonostante il dolore e la farsa di vincere il divenire incerto.

È passato più di un decennio dalla morte di Blanca Varela, avvenuta a Lima il 12 marzo del 2009. La poetessa peruviana ci lascia un’opera unica nella storia delle lettere ispaniche contemporanee. La sua poesia ha ottenuto vari riconoscimenti importanti, come i premi Octavio Paz di Poesia e Saggistica (2001), il Federico García Lorca (2006) e il Reina Sofía di Poesia Iberoamericana (2007). Blanca Varela non credeva né sperava di ricevere premi perché la sua poesia fosse letta e riconosciuta. I premi, ben lo capiva, possono essere fugaci come la fama e il delirio, ma la poesia è un lavoro che si costruisce con l’impegno e solo il tempo ne decide la permanenza. Borges e Vallejo conobbero perfettamente i giochi labirintici dei premi e dei riconoscimenti.

L’opera poetica di Blanca Varela è tutto un incendio di immagini, un lavoro di oreficeria inusuale in questi tempi difficili. La trama della sua poesia si muove in ambiti diversi e sarebbe un errore inquadrarla esclusivamente nella prospettiva del surrealismo. La sua opera poetica è formata da poesie, non da libri. Attraverso la maturità dell’immagine la sua opera si è andata biforcando in vari fiumi sillabici, ma sempre ritornando al suo alveo originale. Questo ritorno verso la freschezza e la complessità dell’immagine è il segno preciso di una poesia salutare e rinnovata. Cioè, la ricerca dell’immagine primigenia, il ritorno verso quella pulizia complessa del primo specchio dell’infanzia e delle prime visioni che confermano la sua originalità: “La mia infanzia è su questa costa / sotto il cielo così alto”. Da questa pianura l’acqua ritornerà nelle sue poesie costantemente. L’acqua torna perché essa è “inondazione” e il sale è “piaga”.  In qualche occasione, l’acqua arriva a essere un elemento leggibile e persino la sua apparente trasparenza si può leggere come un testo: “altre volte è acqua / sottile o grossa / illeggibile”. In altri momenti, la fluidità è trasformativa: “Come le linee della tua mano / dove scorrono fiumi immemorabili...”. A volte l’acqua sembra essere presente intangibilmente nella natura, e in altri momenti l’acqua si personalizza in un viso: “L’acqua del tuo viso / in un angolo del giardino, / il più buio dell’estate, / canta come la luna”. L’acqua si moltiplica e concettualizza diversi elementi della sua poetica. Per prima cosa, può essere la linea sottile che ricopre il mare sulla costa (una linea, un verso, una riga, un tropo), o l’acqua che si scorge dietro l’orizzonte. Può, inoltre, essere semiotica e può essere testualizzata. E arriva anche all’immagine del corpo, attraverso il volto amato. Questa trasfigurazione suggerisce l’immagine dell’inondazione e dello straripamento. L’inondazione proviene dal potere lunare e si fonde con l’acqua (del mare, del fiume, delle lacrime) per concentrarsi sul sogno e sulla memoria.

Come si può osservare, le sue prime poesie ci parlano del profilo della costa, molta acqua piena di parole, un linguaggio salato ed energico che cerca la sua dimora al buio. La sua visione non tende verso nessun estraniamento ma al contrario è una ricerca della ragione della vita nei suoi diversi piani di attività. L’eccezionalità di questa poetica consiste nell’andare contro le teorie vuote di quelli che pensano che quando il poeta matura diventa più oscuro. Varela parte dalla sua coscienza di fronte al linguaggio, e a partire da questa pienezza ricrea la realtà e rende visibile la trama della sua poesia. La strada per Babele passa, attraversa il tempo, non vi rimane per fare storia o inventario: vi passa di nuovo, lo deforma e ritorna alla natura. D’altro canto, all’interno della sua attività discorsiva terrestre e lunare, si osserva la pratica di diverse forme poetiche.

Nei primi libri inizia il suo tragitto con versi che tendono alla verticalità e, all’improvviso, poesie in prosa e ritorno al verso verticale, alla poesia lunga e alla concisione della brevità. È tutta una cassa di risonanze. In una delle sue migliori poesie “Sulla strada per Babele” il percorso è verso il tutto e il nulla. È un processo di trasfigurazioni che si vanno prolungando lungo il testo. La prima sfera è il linguaggio e l’universo. La sua costante è la figura del mondo e di un parlante che vola e atterra nelle zone esterne della città, nell’interiorità della ragione, e nei meandri dell’immagine della casa. Da una parte Baudelaire e Sartre, dall’altra Vallejo. Sono sette canti che salgono e scendono procedendo verso il nulla della poesia, perché secondo la concezione di Blanca Varela, la poesia è un dispositivo che è calamitato dalla natura, dal corpo e dal linguaggio.

La sua poesia non assomiglia a nessun’altra. Se esaminiamo il potere verbale di Vallejo, possiamo affermare che, in Vallejo, la casa e l’immagine familiare (la fanciullezza) hanno un’altra contestualizzazione: il suo centro è la solitudine e il vuoto del linguaggio, la perdita di tempo della parola. Ecco allora le sue ombre in Los heraldos negros (1919) e la sua rifolgorazione in Trilce (1922) dove abbonda quella fugacità esistenziale, ma soprattutto il ricongiungimento con lo spirito e la solitudine della parola poetica. In Blanca Varela c’è invece “un caos bollente”. La novità è che qui non c’è dimenticanza, non c’è un’impronta né un disprezzo o una memoria che il parlante desideri riprendere per sopravvivere.

Blanca Varela ha un ritmo che disarticola qualsiasi immagine facile, come si può constatare nella poesia “Fiori per l’udito” dove il mondo è un’eco di rose, un suono nella strada, un ascoltare con cautela. La sua poesia possiede un rigore enorme, difficile da imitare. In essa si combinano notevolmente lo splendore e l’enigma della parola, formando un equilibrio creato dai suoi valzer (creoli) e dalle sue false confessioni. Lei credeva fermamente che la musica popolare fosse un’altra forma di far poesia. Versi lunghi o brevi come luci controllate, poesie in prosa che si aprono al cuore senza tempo, continuano con questa musica interiore. Blanca Varela disse in un’intervista rilasciata Claudia Posadas: “La musica della poesia è quello che dà il respiro. È qualcosa che vibra nel più profondo quando scrivo, più che cercare fuori, cerco armonia all’interno... il respiro della poesia è l’ossigeno dell’anima”. Il suo respiro è la vita che si beve tutto l’oro della poesia. Ragione da vendere aveva Octavio Paz quando si riferiva alla poesia di Blanca Varela come a una “poesia contenuta, ma esplosiva, una poesia di ribellione”.



Puerto Supe


a J.B.


Está mi infancia en esta costa, bajo el cielo tan alto, cielo como ninguno, cielo,sombra veloz, nubes de espanto,oscuro torbellino de alas,azules casas en el horizonte.


Junto a la gran morada sin ventanas,junto a las vacas ciegas,junto al turbio licor y al pájaro carnívoro.


¡Oh, mar de todos los días, mar montaña,boca lluviosa de la costa fría!


Allí destruyo con brillantes piedras la casa de mis padres,allí destruyo la jaula de las aves pequeñas,destapo las botellas y un humo negroescapa y tiñe tiernamente el aire y sus jardines.


Están mis horas junto al río seco,entre el polvo y sus hojas palpitantes,en los ojos ardientes de esta tierra adonde lanza el mar su blanco dardo.Una sola estación,un mismo tiempo de chorreantes dedos y aliento de pescado. Toda una larga noche entre la arena.


Amo la costa, ese espejo muerto en donde el aire gira como loco, esa ola de fuego que arrasa corredores, círculos de sombra y cristales perfectos. 


Aquí en la costa escalo un negro pozo,voy de la noche hacia la noche honda,voy hacia el viento que recorreciego pupilas luminosas y vacías,o habito el interior de un fruto muerto,esa asfixiante seda, ese pesado espacio poblado de agua y pálidas corolas.


En esta costa soy el que despierta entre el follaje de alas pardas, el que ocupa esa rama vacía, el que no quiere ver la noche.


Aquí en la costa tengo raíces,manos imperfectas,un lecho ardiente en donde lloro a solas.



Puerto Supe


a J.B.


La mia infanzia è su questa costa

sotto il cielo così alto,

cielo come nessuno, cielo,

ombra veloce, nubi di spavento,

scuro turbine di ali,

azzurre case all’orizzonte.


Vicino alla grande dimora senza finestre,

vicino alle mucche cieche,

vicino al torbido liquore e all’uccello carnivoro.


Oh, mare di tutti i giorni,

mare montagna,

bocca piovosa della costa fredda!


Lì distruggo con brillanti pietre la casa dei miei genitori,

lì distruggo la gabbia dei piccoli volatili,

stappo le bottiglie e un fumo nero

scappa e tinge teneramente l’aria e i suoi giardini.


Ci sono le mie ore vicino al fiume secco,

tra la polvere e le sue foglie palpitanti,

negli occhi ardenti di questa terra

dove lancia il mare il suo bianco dardo.

Una sola stagione,

uno stesso tempo di gocciolanti dita

e alito di pesce.

Tutta una lunga notte tra la sabbia.


Amo la costa,

quello specchio morto dove l’aria gira come pazza,

quell’onda di fuoco che spazza via corridoi,

cerchi d’ombra e cristalli perfetti.


Qui sulla costa scalo un nero pozzo,

vado dalla notte verso la notte fonda,

vado verso il vento che percorre

cieco pupille luminose e vuote,

o abito l’interno di un frutto morto,

quell’asfissiante seta, quel pesante spazio

colmo d’acqua e di pallide corolle.


Su questa costa sono colui che si sveglia tra il fogliame di ali scure,

colui che occupa quel ramo vuoto e non vuole vedere la notte.


Qui sulla costa ho radici,

mani imperfette,

un letto ardente

dove piango da solo.


Ejercicios


I

Un poema como una gran batallame arroja en esta arenasin más enemigo que yo


yoy el gran aire de las palabras


II

miente la nubela luz mientelos ojoslos engañados de siempreno se cansan de tanta fábula


III

terco azulignorancia de estar en la ajena pupilacomo dios en la nada


IV

pienso en alas de fuego en músicapero nono es eso lo que temosino el torvo juicio de la luz


Esercizi


I

Una poesiacome una grande battagliami lancia in quest’arenasenz’altro nemico che me


mee la grande aria delle parole


II

mente la nuvolala luce mentegli occhiingannati da semprenon si stancano di tanta favola


III

ostinato azzurroignoranza di essere nella pupilla altruicome dio nel nulla


IV

penso ad ali di fuoco alla musicama nonon è questo che temo

bensì il torvo giudizio della luce


Secreto de familia


soñé con un perro

con un perro desollado

cantaba su cuerpo su cuerpo rojo silbaba

pregunté al otro

al que apaga la luz al carnicero

qué ha sucedido

por qué estamos a oscuras


es un sueño estás sola

no hay otro

la luz no existe

tú eres el perro tú eres la flor que ladra

afila dulcemente tu lengua

tu dulce negra lengua de cuatro patas


la piel del hombre se quema con el sueño

arde desaparece la piel humana

sólo la roja pulpa del can es limpia

la verdadera luz habita su legaña

tú eres el perro

tú eres el desollado can de cada noche

sueña contigo misma y basta


Segreto di famiglia


ho sognato un cane

un cane scuoiato

cantava il suo corpo il suo corpo rosso fischiava

ho chiesto all’altro

a chi spegne la luce al macellaio

che cosa è successo

perché siamo al buio


è un sogno sei sola

non c’è nessun altro

la luce non esiste

tu sei il cane tu sei il fiore che abbaia

affila dolcemente la tua lingua

la tua dolce nera lingua a quattro zampe


la pelle dell’uomo si brucia con il sogno

arde scompare la pelle umana

solo la rossa polpa del cane è pulita

la vera luce è nei suoi occhi cisposi

tu sei il cane

tu sei lo scuoiato cane di ogni notte

sogna te stessa e basta


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