Libro denso questo di Tiziana Colusso anzi volume in cui l’autrice condensa ritmi e istanze in cerca di una sorta di liberazione. Segnalo in copertina la riproduzione di un’opera della compianta Nina Maroccolo scomparsa quest’anno. Mi sembra una sorta di segno di continuità in questa ricreazione del mondo attraverso il respiro che tutti ci tiene uniti in vita e poiché vivi in grado di chiamare a esistenza coloro che sono scomparsi nei corpi.
Non è un libro immediato. Leggendo i testi in maniera rapsodica si può avere un’impressione di cedevolezza, fluidità che una lettura continuativa, attenta sconfessa. Intanto c’è una scelta costitutiva, di cui Tiziana Colusso cerca di dare ragione in una nota in clausola al volume, che dice di come abbia avuto desiderio di connettere temi ispiranti con sedimentazioni di una lunga vita di letture, esperienze, percorsi di coscienza e conoscenza spesso contrastanti, addirittura misteriosi. In questo panorama viene introdotta la presenza del respiro quale pratica rigenerativa e concreta manifestazione della possibilità di pensare la propria esistenza e al contempo osservare quanto ci tiene uniti, vicini pur dentro aspre contraddizioni. Non è un libro a tesi o dimostrativo, anzi la poesia diventa uno spazio nel quale far muovere le contraddizioni e guardarle dalla minima e massima distanza possibile: “ la creatura che non s’arrende gioca/ il gioco della lingua, ma ha una parola/ sola, in equilibrio sta in vagoni affollati/a volte piombati, ma non dispera- e dura” ( pag. 30). In questi versi che ho citato appare evidente la condensazione a cui mi sono riferita in apertura, qui c’è Storia, poetica, tenerezza di finitezza e ardore non domato verso la speranza per un futuro la cui fondazione è ancora la parola e quindi respiro che ad ogni pronuncia si accompagna. La ricerca spirituale non è occultata ma nel farne elemento di poesia viene alleggerita da ogni intento edificante per diventare traccia di esplorazione possibile ai confini di quello che è a noi accessibile: “Respire! Tu es vivant – bisbigliava/ il maestro Thìch Nhãt Hanh/ discreto al Village des Pruniers/ ho provato a restare lì tra il viola/ dei vigneti e dei cuscini del tempio/ ma non ha funzionato, non si può/ abitare la pace altrui.”(pag.33). Questa poesia continua poi con un exitu possibile tra ricerca e libertà dal bisogno e questo è un altro degli elementi che percorre tutto il libro. Esserci ( il Dasein di heideggeriana memoria che oggi si preferisce tradurre con ad-essere), essere in, essere con sino a toccare il fuoco del non essere col rischio di scoprirsi novelli Icaro: “ pesa lo shock sulfureo sulle ali/stringe alla gravità, il sogno/ mi trasmigrava tra i continenti,/ore di tante trasvolate/ solo un affanno m’avanza/[…]”. Eppure tutto respira, il mondo vegetale quanto l’animale e l’apparente inorganico. Tutto respira e tutto restituisce un mondo. Qui c’è chiaramente inevitabile una connessione con l’atto poetico che deve restituire al mondo qualcosa che già gli appartiene ma in forma rigenerata dal passaggio nel logos. È mia opinione che il testo poetico sia un campo energetico in cui forze avverse, contrastanti o propizie agiscono. È un campo fisico fatto di equilibri e movimenti, il poeta tenta di orientare le forze interne e di osservarle, comprendere se sono quelle che riflettono la propria volontà creativa, quando non si percepisce questo siamo di fronte a buone- si spera- scritture diversamente, come per questo recente libro di Tiziana Colusso, siamo parte di un movimento che ci trasforma, anche malgrado noi.
Nella rovente estate del 2023
Mariella De Santis
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