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Dante Maffia legge "Le tentazioni della luce" (Ed. della Meridiana, 2017) di Zingonia Zingone



Mi aveva molto impressionato, circa sei anni fa, L’equilibrista dell’oblio, edito da Raffaelli. Eleganza, essenzialità, parola forbita e mai spreco. Una sorta di inseguimento alla sostanza delle cose e dei sentimenti per cernere il miele di un divenire che, nonostante l’aggressione ricevuta da Cioran in un libro incredibile per temi e svolgimenti, resta sempre il lievito di una scommessa che deve affrontare gli andirivieni della vita.

Poi il silenzio di Zingonia nei miei riguardi, come se il mio scritto l’avesse disturbata o non l’avesse minimamente sfiorata.

Ricevo adesso le tentazioni della Luce e non nascondo che sono stato preso immediatamente, anzi catturato, da questo titolo che utilizza il minuscolo per l’articolo e per tentazioni e invece il maiuscolo per Luce. Evidente che si tratta di una scommessa spirituale, di un percorso che vuole raccontare di un’adesione all’Infinito.

Ma c’è di più, quando in una intervista mi domandarono quale fosse il titolo di un libro che ritenessi il più bello in assoluto io risposi La tentazione di vivere! Già, ancora una volta Cioran.

Niente è casuale, vero?

Ma adesso restiamo alla nuova raccolta di Zingonia, a questo suo spogliarsi innocente e mistico che fa sentire la voce antica dei profeti diventata quotidianità. Operazione non facile, ma evidentemente riuscita perché la poetessa ha voluto incarnarsi nelle atmosfere e nelle liturgie della parola che, se saputa intessere di vibrazioni e di autentico sentire, riesce a dare quasi carnalmente il senso primo e ultimo delle emozioni, cioè riesce a farsi preghiera.


“cerco in fondo alla mia onestà

l’origine

di questo spasmo che mi contorce le viscere,

agitazione nemica del raccoglimento


le utopie

s’impossessano dei miei sensi

convincendomi che tutto è possibile

e con la fede dell’inconscio

materializzo il suo corpo…”



E’ proprio vero, questo libro è “Una danza fra cielo e terra, un movimento alla ricerca… dell’amore”, ed è “libro forte e unitario, dove la parola è alla ricerca dell’Assoluto”, affidato a “Un nuovo valore del dire, una nuova castità del verbo”: Sono frasi prese dalla illuminante prefazione di Andrea Ulivi, che è riuscito ad accompagnarci pagina dopo pagina portandoci nella pienezza di un dettato che io trovo lineare e potentemente espressivo, capace di saper cogliere i fremiti e i fermenti dell’ansia che serpeggia ovunque e crea un’atmosfera mistica.

Eppure, e qui sta la bellezza e la novità del testo, le metafore non sono mai astratte né filtrate attraverso sofisticate giravolte. Zingonia parla con pienezza d’intenti e arriva a farsi capire senza edulcorare le spine del percorso e senza coprire di veli e neppure l’ombra minima del cammino intrapreso.



“la tua trasparenza carnale

ipnotica

mi riporta al primo uomo”



“negli occhi del bambino una fessura

spuntano paure

coltelli

che squarceranno la gola del mondo”



“uomo o angelo

cosa importa

è la luce

il mio turbamento”


Pochi esempi per assaporare la freschezza con cui Zingonia passa attraverso le varie “stazioni” soffermandosi sugli aspetti che solitamente sfuggono o a cui non si fa caso perché presi da “ragioni” estranee”. Nelle sue espressioni sentiamo il palpito di una rincorsa pacata ma decisa, direi senza via di scampo, in modo che le distrazioni non possano comparire e il tutto diventi inno che via via si apre a un canto gregoriano di nuova fattura, a un canto zingoniano in cui contano, alla stessa maniera e con lo stesso peso, sia l’argomento e sia le sfumature, sia il ritmo e sia gli aloni di senso (di luce, pardon, con la maiuscola, Luce) che fanno ressa nell’animo.

Ma mi piacerebbe che il lettore entrasse nelle pieghe di questo libro senza pregiudizi e senza il preconcetto di trovarsi dinanzi a una comunione e a una sacralità che non permette di leggere l’umano. Tutt’altro! Zingonia si spoglia (il verbo mi ritorna) “delle cose / per incontrarTi / nel nulla”, dice rivolta a Dio, e ciò per calcare la voce su quel che ha dovuto incontrare, superare e vincere. Il nulla come approdo limpido per potersi riconoscere e non per arrivare allo svuotamento.

Anche le prose poetiche hanno un loro peso e determinano e allargano le atmosfere di cui accennavo e se l’andamento generale ha sapore biblico, si resti in ascolto e sarà la Luce a farsi sentire, a prendere voce e proprio da quella finestra da cui zampilla l’acqua: “io tutta sono finestra”.

Per concludere mi piace dire che Zingonia Zingone ha scritto un piccolo meraviglioso e illuminato Vangelo personale che si apre dolcemente verso il mondo. Operazione rara e difficile, che a lei è riuscita, forse perché ha messo dentro tutta se stessa contemporaneamente sottraendosi, facendo diventare la sua carne spirito che vola. Come ha fatto? I libri sacri sanno come diventare marmo o farfalle, piombo o brezza d’aprile. E dunque anch’io “mi domando / se lieviteranno le ceneri / testimoni / dello specchio in fiamme”,


Dante Maffia



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